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Non si diventa Re per caso (Articolo Ospite)


La famiglia Jackson aveva iniziato molto presto a vivere di musica: Joe, padre di Michael, aveva formato insieme con suo fratello un piccolo complesso di rithm & blues, i Falcons esibendosi con canzoni di Chuck Berry, Little Richard, Otis Redding lasciando che i piccoli di casa si nutrissero prestissimo di quello che sarebbe stato il «pane quotidiano» di quasi tutti loro. Michael ricorda che suo padre, per evadere dal duro lavoro in acciaieria, provava i pezzi da suonare nel salotto di casa a Gary, insieme ai suoi nove figli e agli otto cugini, figli del fratello di Joe. Michael sottolinea che i suoi ricordi di infanzia fossero per di più di tipo professionale. Non fu costretto a cantare, nessuna imposizione da parte dei genitori, per lui cantare era naturale quasi come respirare; era rispondere ad «una vita interiore che si nutriva di musica». Come sappiamo tutto questo costò molti sacrifici al piccolo Michael. Molto spesso, subito dopo scuola, doveva andare in studio di registrazione fino a notte fonda e, quando nel piccolo parco di fronte agli studi della Motown vedeva i bambini giocare spensierati, li osservava meravigliati per tanta libertà e spensieratezza. Erano questi i momenti in cui Michael avvertiva la tristezza e al tempo stesso si formava in lui la capacità di comprendere tutti coloro che avevano dovuto, per qualsiasi motivo, lavorare fin da piccoli, conosceva bene i sacrifici da sostenere per raggiungere gli obiettivi prefissatisi.

Di Silvia Montanini

 
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